Diritto di recesso e abuso del diritto

Si è affermato che : “L’abuso del diritto non è ravvisabile nel solo fatto che una parte del contratto abbia tenuto una condotta non idonea a salvaguardare gli interessi dell’altra, quando tale condotta persegua un risultato lecito attraverso mezzi legittimi, essendo, invece, configurabile allorché il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà sono attribuiti”.

(Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto che non vi sono elementi per concludere che il diritto di recedere sia stato esercitato per un fine diverso da quello per il quale l’ordinamento lo riconosce, vale a dire quello di non essere vincolati in perpetuo da un accordo, anche quando le condizioni di fatto siano mutate).

Tribunale La Spezia 7 agosto 2019, n. 2752

In senso conforme

Cass., sez. III 13 giugno 2019 n. 15885
Cass., sez. I 12 dicembre 2017 n. 29792

Licenziamento collettivo e lavoratori obbligatoriamente assunti

Nel bilanciamento dell’interesse del datore al ridimensionamento dell’organico, in una situazione di crisi economica, con quello dell’assunto obbligatoriamente alla conservazione del posto di lavoro, il legislatore privilegia quest’ultimo. Ne consegue che il recesso di cui all’art. 4, comma 9, l. n. 223 del 1991, esercitato nei confronti del lavoratore disabile è annullabile qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei dipendenti rimanenti, occupati obbligatoriamente, sia inferiore alla quota di riserva prevista all’art. 3l. n. 223 del 1991.

Tale norma, infatti, mira a promuovere l’inserimento nel mondo del lavoro del disabile, evitando che in occasione di licenziamenti individuali, o collettivi, motivati da ragioni economiche, il datore possa violare le disposizioni afferenti la presenza percentuale in azienda di personale appartenente alle categorie protette, la cui assunzione sia avvenuta  conformità all’obbligo di legge.

I conferente è la circostanza del rifiuto alla ricollocazione considerato che non è possibile parlare di obbligo di repechage in ipotesi di licenziamento ex l. n. 223 del 1991.

Cass. Sez. Lav. 15 ottobre 2019, n. 26029

Nessun demansionamento con la sola modifica quantitativa delle mansioni

Non ogni modifica quantitativa delle mansioni, con riduzione delle stesse, si traduce automaticamente in una dequalificazione professionale, che invece implica una sottrazione di mansioni tale – per la sua natura e portata, per la sua incidenza sui poteri del lavoratore e sulla sua collocazione nell’ambito aziendale – da comportare un abbassamento del globale livello delle prestazioni del lavoratore con sottilizzazione delle capacità dallo stesso acquisite ed un conseguente impoverimento della sua professionalità.

Cass. Sez. Lav. 9 settembre 2019 n. 22488