Il rifiuto della prestazione non obbliga sempre alla retribuzione

Secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, il datore di lavoro non può unilateralmente ridurre o sospendere l’attività lavorativa, specularmente rifiutando di corrispondere al dipendente la retribuzione.

Tale condotta, infatti, integra un inadempimento contrattuale: data la sinallagmaticità del rapporto di lavoro, il rifiuto di una parte di eseguire la dovuta prestazione può essere opposto all’altra solo qualora questa ometta di effettuare la propria, il che non si verifica qualora il lavoratore venga impedito dalla unilaterale volontà del datore.

Tuttavia, è fatta salva la possibilità per la parte datoriale di provare l’impossibilità dell’accettazione per motivi sopravvenuti, non allo stesso imputabili, in ragione dei quali la sospensione risulta essere  la imprevedibile e inevitabile, con esonero dall’obbligazione retributiva.

Si precisa che a tale fine non rilevano eventuali carenze di programmazione o di organizzazione aziendale, ovvero contingenti difficoltà di mercato.

Cass. Sez. Lav. n° 14419 del 27.5.2019