La disciplina dei licenziamenti alla luce dell’ultimo D.L. n° 137 / 2020
In base a quanto disposto dall’art. 14 comma, 1 d.l. n. 104/2020 (legge di conversione n. 126/2020), ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 (art. 1) ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali (art. 3) è precluso l’avvio delle procedure di cui agli artt. 4, 5 e 24 l. n. 223/1991, restando altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, e fatte salve le ipotesi espressamente indicate nel comma 3 del medesimo art. 14.
La preclusione del potere datoriale di recesso– anche per i casi di licenziamento per gmo – viene testualmente ad essere subordinata all’integrale fruizione della CIG ovvero dell’esonero contributivo. Per tale ragione la dottrina ha definito come “mobile” il divieto di licenziamento fissato nel Decreto agosto.
Tuttavia il recente d.l. n. 137/2020, all’art. 12, comma 9, dispone, senza alcun collegamento o richiamo alla precedente disciplina, che “fino al 31 gennaio 2021 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020”. Rimangono invariate le ipotesi eccettuate.
Il mancato espresso riferimento alla fruizione dei trattamenti sopra richiamati, i quali sono stati confermati ed estesi nel decreto del 28 ottobre 2020, sembra manifestare un mutato orientamento del legislatore, diretto ad una generalizzata predeterminazione della durata temporale del divieto di licenziamento, con conseguente venir meno della condizione prima indicata nel d.l. n. 104/2020 ed oggi confermata nella legge di conversione.