Attuale divieto di licenziamento e accordo sindacale come via “lecita” per la riorganizzazione dell’impresa
L’art. 14 d.l. n. 104/2020, diversamente dal precedente art. 46 d.l. n. 18/2020, non dispone dispone un divieto di licenziamento connesso ad una scadenza temporale fissa, ma preclude ai datori la possibilità di avviare le procedure di cui agli artt. 4, 5 e 24 l. n. 223/1991, ovvero di recedere per gmo, fino alla integrarle fruizione dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19 (art. 1 d.l.n. 104/2020) ovvero dell’esonero contributivo (art. 4 d.l. 104/2020).
Un divieto temporalmente “mobile” rispetto al quale il legislatore ha, tuttavia, incluso una particolare eccezione, che si affianca alle ipotesi di completa e definitiva cessazione dell’attività imprenditoriale.
Il comma 3 dell’art. 14 prevede uno strumento potenzialmente utile per i datori sopra citati, i quali necessitino di operare delle modifiche organizzative sulla propria impresa con soppressione di alcune posizioni di lavoro, ossia la stipulazione, a livello aziendale e non anche nazionale, di accordi collettivi. Le controparti sindacali non potranno essere individuate, tuttavia, nelle RSA/RSU bensì nelle oo.ss. comparativamente più rappresentative a livello nazionale(prevedibilmente quelle coinvolte nelle negoziazioni del CCNL). Sul contenuto la Legge si limita a specificare la finalità di tali accordi, recte l’incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, cui efficacia rispetto al singolo lavoratore viene ad essere subordinata alla sua adesione, con riconoscimento della Naspi. Nessun rinvio è invece operato alla procedura di cui all’art. 26 d.lgs. n. 151/2015. Tuttavia, laddove i suddetti accordi non abbiano specificamente fissato le condizioni di risoluzione consensuale del contratto, nulla esclude che, al momento della adesione del lavoratore, sia opportuno attenersi a quelle disposizioni procedurali.