Cambio d’appalto e deroga alla “clausola di salvaguardia” per l’assorbimento del dipendente della gestione uscente
La società subentrante in un appalto omette di assorbire un dipendente dell’ex appaltatrice in quanto condannato per fatti connessi al traffico di stupefacenti, valutandolo privo della necessaria attitudine professionale.
Il lavoratore ricorre in giudizio e chiede, in via principale, l’accertamento dell’avvenuta conclusione del contratto di assunzione con la subentrante; in via subordinata, l’accertamento del diritto ad essere assunto dalla subentrante in virtù della clausola di salvaguardia di cui al contratto collettivo applicato.
Le doglianze del lavoratore sono respinte in primo e in secondo grado. La Corte d’Appello di Reggio Calabria motiva la decisione sul presupposto che il diritto all’assunzione di cui alla clausola sociale è limitato dalla possibilità per il futuro datore di lavoro di far prevalere condizioni ostative all’assunzione derivanti dalla valutazione della professionalità del lavoratore; in secondo luogo, i fatti per i quali il dipendente era stato condannato erano di gravità tale da incidere sul vincolo fiduciario rendendo inutile l’assunzione. La conclamata incompatibilità professionale del lavoratore giustifica, exart. 1218 c.c., l’inadempimento da parte della società all’obbligazione di assunzione di cui alla clausola di salvaguardia.
Il dipendente ricorre in Cassazione sulla base di tre motivi: 1) violazione e falsa applicazione della clausola sociale; 2) violazione e falsa applicazione della norma collettiva per cui i motivi ostativi all’assunzione sono costituiti esclusivamente dal mancato superamento della visita medica di idoneità, da sentenza penale passata in giudicato o dalla pendenza di procedimento penale per delitto non colposo incidente sull’attitudine professionale del lavoratore (condizione che il ricorrente non ritiene sussistente al momento del mancato subentro); 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 8 St. Lav.
La Corte di Cassazione respinge il ricorso, giudicandolo inammissibile, e conferma la decisione della Corte d’Appello.
Cass., Sez. Lav., ord. 14 luglio 2022, n. 22212