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Il lavoratore in quarantena durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto alla indennità per malattia

L’art. 26, comma 1, d.l. n. 18/2020 (convertito, con modif., dalla l. n. 27/2020) dispone che, per i lavoratori dipendenti del settore privato – esclusi quelli scritti alla Gestione separata INPS – il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva, o permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, nonché quello della quarantena precauzionale, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento.

Licenziamento del dirigente ed efficacia delle sentenze della Corte di giustizia

Osservano i giudici di Lussemburgo che il legislatore comunitario, mediante l’armonizzazione delle norme applicabili ai licenziamenti collettivi, ha inteso “garantire una protezione di livello comparabile dei diritti dei lavoratori nei vari Stati membri e uniformare gli oneri che tali norme di tutela comportano per le imprese della Comunità”. La definizione di “lavoratore”, quindi,  non può essere demandata ad ogni singolo Stato membro ma deve, invece, essere intesa in senso sovranazionale, individuandosi, come tale, chiunque “fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un altro soggetto e sotto la direzione di quest’ultimo, prestazioni in contropartita delle quali percepisce una retribuzione” (sul punto, Corte Giust., 11 novembre 2010, Danosa, causa C-232/09).

Proroga del contratto a termine ex art. 93 d.l. n. 34/2020 con effetti posticipati

In base a quanto disposto dall’art. 93 d.l. n. 34/2020 (come modificato dall’art. 8 d.l. Agosto), in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, in deroga all’art. 21 del d.lgs. n. 81/2015, ferma restando la durata complessiva di 24 mesi, è possibile – fino al 31 dicembre 2020 – rinnovare o prorogare per una sola volta e per un massimo di 12 mesi i contratti a tempo determinato, anche in assenza delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015. La previsione di una durata massima di 12 mesi della proroga unitamente al fine perseguito dal legislatore, lascia intendere che il termine del 31 dicembre 2020 sia riferito esclusivamente alla formalizzazione dell’accordo tra le parti. La durata del rapporto potrà quindi protrarsi anche nel corso del 2021, fermo restando il limite complessivo dei 24 mesi

Tribunale Milano, Sez. Lav., 22 giugno 2020, n. 797

 

Responsabilità del committente (anche) per le sanzioni civili

Ad avviso della Suprema Corte, la sanzione in oggetto costituisce una «conseguenza automatica dell’inadempimento o del ritardo, legalmente predeterminata, introdotta nell’ordinamento al fine di rafforzare l’obbligazione contributiva e risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con una presunzione juris et de jure, il danno cagionato all’istituto assicuratore». Pertanto, adduce la Corte, sussiste tra omissione contributiva e sanzione «un vincolo di dipendenza funzionale che […] incide non solo geneticamente sul rapporto dell’una rispetto all’altra ma conserva questo suo legame di automaticità funzionale anche dopo l’irrogazione della sanzione» (in questo senso anche Cass. SS.UU. n. 5076/2015).

Cass., Sez. Lav., 15 ottobre 2020, n. 22395

 

“Ius variandi” circa le mansioni lavorative dopo il Jobs Act

La disciplina dell’assegnazione delle mansioni è stata integralmente riformata dall’art. 3 del d.lgs. n. 81 del 2015 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”, che ha riscritto l’art. 2103 c.c., rimodulando l’operatività dello ius variandi.

Invero, particolarmente significative sono le trasformazioni apportate all’esercizio del potere del datore di lavoro di modificare le mansioni del lavoratore e concernono principalmente: il differente parametro cui risulta ancorato il concetto di equivalenza delle mansioni, la possibilità di assegnare il lavoratore a mansioni inferiori, la stabilizzazione del livello in caso di assegnazione a mansioni superiori dopo sei mesi continuativi.

Per quanto attiene al primo profilo, mette conto evidenziare che la valutazione del concetto di mansioni equivalenti non attiene più al concreto contenuto professionale delle mansioni effettivamente svolte, bensì a quelle “riconducibili allo stesso livello”, risultando così un richiamo alle classificazioni contenute nei contratti collettivi.

Il secondo profilo, strettamente collegato al primo, riguarda la possibilità di modificare in peius l’inquadramento del lavoratore, assegnando lo stesso a mansioni inferiori in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore e nei casi previsti dalla contrattazione collettiva, purché le mansioni inferiori rientrino nella medesima categoria legale (art. 2103, comma 2 c.c.) e fermo restando il mantenimento della medesima retribuzione.

Per quanto attiene invece al terzo profilo, vale a dire quello concernente l’assegnazione del lavoratore a mansioni superiori, il legislatore ha precisato che il periodo di assegnazione alle mansioni superiori deve presentare la caratteristica della “continuatività” e che la durata temporale delle stesse, oltre il quale l’assegnazione diventa definitiva, è di sei mesi.

Attuale divieto di licenziamento e accordo sindacale come via “lecita” per la riorganizzazione dell’impresa

L’art. 14 d.l. n. 104/2020, diversamente dal precedente art. 46 d.l. n. 18/2020, non dispone dispone un divieto di licenziamento connesso ad una scadenza temporale fissa, ma preclude ai datori la possibilità di avviare le procedure di cui agli artt. 4, 5 e 24 l. n. 223/1991, ovvero di recedere per gmo, fino alla integrarle fruizione dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19 (art. 1 d.l.n. 104/2020) ovvero dell’esonero contributivo (art. 4 d.l. 104/2020).

Un divieto temporalmente “mobile” rispetto al quale il legislatore ha, tuttavia, incluso una particolare eccezione, che si affianca alle ipotesi di completa e definitiva cessazione dell’attività imprenditoriale.

Il comma 3 dell’art. 14 prevede uno strumento potenzialmente utile per i datori sopra citati, i quali necessitino di operare delle modifiche organizzative sulla propria impresa con soppressione di alcune posizioni di lavoro, ossia la stipulazione, a livello aziendale e non anche nazionale, di accordi collettivi.  Le controparti sindacali non potranno essere individuate, tuttavia, nelle RSA/RSU bensì nelle oo.ss. comparativamente più rappresentative a livello nazionale(prevedibilmente quelle coinvolte nelle negoziazioni del CCNL). Sul contenuto la Legge si limita a specificare la finalità di tali accordi, recte l’incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, cui efficacia rispetto al singolo lavoratore viene ad essere subordinata alla sua adesione, con riconoscimento della Naspi. Nessun rinvio è invece operato alla procedura di cui all’art. 26 d.lgs. n. 151/2015. Tuttavia, laddove i suddetti accordi non abbiano specificamente fissato le condizioni di risoluzione consensuale del contratto, nulla esclude che, al momento della adesione del lavoratore, sia opportuno attenersi a quelle disposizioni procedurali.

Limiti al diritto delle singole componenti della RSU ad indire l’assemblea ex art. 20 St. lav.

Il diritto delle singole componenti della RSU (dotate di rappresentatività ex art. 19 l. n. 300/70, nel testo risultante dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 231/2013) di indire l’assemblea retribuita ex art. 20 L. 300/70 può essere accordato nella misura in cui non risulti superato il limite delle tre ore annue previsto dall’art. 4, comma 5, lett. a) del Testo unico sulla rappresentanza 10 gennaio 2014.

Corte d’Appello Napoli 31 luglio 2020, n° 2057

 

Conversione automatica in rapporto di lavoro subordinato del co.co.co privo di progetto

In tema di lavoro a progetto, l’art. 69, comma 1, d.lgs. n. 276/2003 è stato interpretato nel senso che, laddove un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, opera un’automatica conversione del rapporto in lavoro subordinato a tempo determinato, a far data dalla costituzione del rapporto e senza dar luogo ad accertamenti volti a verificare in concreto i canoni dell’autonomia o della subordinazione.

Cass., Sez. Lav., ord. 29 settembre 2020, n° 20666

Licenziamento disciplinare : la violazione del termine a difesa ha natura procedurale e favorisce la tutela indennitaria cd. debole

In tema di licenziamento disciplinare, la violazione del termine di cinque giorni tra la contestazione dell’addebito e il licenziamento integra una violazione di natura procedurale ex art. 7, St. lav., e rende operativa la tutela indennitaria cd. debole prevista dal successivo art. 18, comma 6, St. lav., quale modificato dalla l. n. 92 del 2012, non ledendo le esigenze difensive del lavoratore in vista del processo.

Cass., Sez. Lav., 31 agosto 2020, n. 18136

 

Causalità ed a-causalità nel contratto a termine

Al fine di verificare l’obbligatorietà o meno dell’indicazione della causale per la proroga oltre i dodici mesi del termine originariamente apposto al contratto, in applicazione della disciplina transitoria di cui all’art. 2, comma 1, d.l. n. 87 del 2018, convertito con modificazioni in l. n. 96 del 2018, occorre aver riferimento al momento in cui detta proroga prende efficacia e non a quello, antecedente, in cui sia stata eventualmente pattuita.

Tribunale Milano, 22 giugno 2020, n. 797