News

Smart working e emergenza COVID 19

Nel caso di Lavoro Agile si dispone che “fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 i genitori lavoratori dipendenti del settore privato con figli minori di anni 14 hanno diritto a svolgere il lavoro agile a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di sostegno al reddito”.

Tribunale Mantova 26 giugno 2020, n. 1054

 

Licenziamento da GMO e criteri di scelta

Al di fuori della fattispecie dei licenziamenti collettivi non è vincolante l’applicazione congiunta di tutti e tre i criteri legali previsti dall’art. 5, comma 1, l. n. 223/1991.

Secondo il canone di correttezza e buona fede, che il datore di lavoro deve osservare nell’individuazione dei lavoratori da licenziare, si può concretizzare anche in altri parametri, purché non arbitrari ed improntati a razionalità e graduazione delle posizioni dei lavoratori interessati.

Tribunale Trento 29 giugno 2020, n. 102.

 

Termine di prescrizione per i crediti retributivi dopo le modifiche dell’art. 18 St. Lav.

Le modifiche dell’art. 18 l. n. 300/1970, successive all’entrata in vigore della l. n. 92/2012, non incidono sulla stabilità del rapporto di lavoro, sicché, ove siano state svolte mansioni di livello superiore, la prescrizione del diritto del lavoratore alle conseguenti differenze retributive decorre sin dal momento in cui suddetto diritto può essere giuridicamente fatto valere, escludendosi la sospensione della decorrenza sino alla cessazione del rapporto di lavoro.

Tribunale Napoli, Sez. Lav., 12 novembre 2019, n. 7343

(In senso difforme : Cass., Sez. Lav., ord. 22 settembre 2017, n. 22172 e Corte appello Milano, Sez. Lav., 30 luglio 2019, n. 522)

 

Smart working e buoni pasto

I buoni pasto non costituiscono un trattamento riferibile direttamente alla prestazione di lavoro in quanto tale bensì un beneficio conseguente alle modalità concrete di organizzazione dell’orario di lavoro, sicché ove le modalità siano rimesse al lavoratore, come nel lavoro agile, nulla dovrebbe ritenersi dovuto a tale titolo.

Cass., Sez. Lav., 13 maggio 2020, n° 16135

 

Reddito dei c.d. trasfertisti e indicazione di una sede lavorativa nel contratto

Il legislatore – nel dettare disposizioni in materia di determinazione del reddito di lavoratori in trasferta e trasfertisti- ha disposto che il sesto comma dell’art. 51 TUIR debba intendersi nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono (solo) quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni:

a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;

b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;

c) la corresponsione al lavoratore, in relazione allo svolgimento dell’attività in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, prescindendo dall’effettivo spostamento. La necessaria contestualità delle suddette condizioni comporta che ai lavoratori rispetto ai quali risulti mancante anche una sola di esse (come, ad esempio, l’indicazione della sede lavorativa nel contratto di assunzione) non è applicabile l’art. 51, comma 6, TUIR, venendo ad essi riconosciuto il diverso trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo.

Cass., Sez. Lav., 4 agosto 2020, n° 16673

 

Successione di contratti a termine illegittimi e prova del danno

La illegittimità del termine originario incide negativamente anche sulla proroga, essa determinando la produzione di ulteriori effetti nel tempo ad un termine invalido. In tale situazione la proroga costituisce, dunque, una condotta successiva che reitera la illegittimità sussistente ab initio, sicchè il lavoratore sarà assistito dalla presunzione di danno.

Cass., Sez. Lav., 24 giugno 2020, n° 12499

 

Impossibilità al recesso del datore dal patto di non concorrenza prima della cessazione del rapporto

La giurisprudenza di legittimità ha escluso la validità di una clausola inserita in un patto di non concorrenza la quale preveda la libertà di recesso del datore dal patto per il periodo di vigenza dello stesso, alla data di cessazione del rapporto o successivamente, entro il limite temporale di vigenza del patto

Recentemente la Suprema Corte ha esteso il divieto anche al caso in cui il datore receda prima della risoluzione del contratto di lavoro.

Ciò in quanto i rispettivi obblighi delle parti si cristallizzerebbero nel momento della sottoscrizione del patto di non concorrenza : al lavoratore, sin dalla stipulazione del patto, sarebbe preclusa la progettazione del proprio futuro lavorativo relativamente al periodo successivo alla cessazione del rapporto.

La compensazione della compressione della libertà del dipendente a seguito del patto viene compensata dalla previsione di un corrispettivo, il che verrebbe meno ove al datore venisse concesso di liberarsi ex post dal vincolo.

Cass., Sez. Lav. 3 giugno 2020, n° 10535

 

 

Il contratto a termine nel cd. decreto Dignità

Con la disciplina del 2018 (d.l. n. 87 del 2018, c.d. decreto Dignità) si è realizzato un compromesso, volto a contenere il ricorso al contratto a termine a-causale, ovvero:

– il contratto a termine di durata continuativa non superiore a 12 mesi, resta a-causale e, quindi, può essere sottoscritto senza che sia necessario esplicitare una ragione giustificativa del termine;

– il contratto a termine di durata continuativa superiore a 12 mesi, richiede una causale di giustificazione.

La conseguenza che l’art. 19 comma 1-bis fa discendere dalla violazione di questa regola è individuata nella trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi.

Tribunale Milano, Sez. Lav., 22 giugno 2020, n. 797

 

Protocolli Covid 19, partecipazione RSA e/o RLS e condotta antisindacale

In attuazione del d.P.C.m. 11 marzo 2020 : “va favorito il confronto preventivo con le rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro e per le piccole imprese le rappresentanze territoriali affinché ogni misura adottata possa essere condivisa e resa più efficace dal contributo di esperienze di persone che lavorano, in particolare degli RLS e RLST tenendo conto delle specificità di ogni singola realtà produttiva e delle situazioni territoriali”.

Il Protocollo concorda una serie di misure e, all’art. 13, prevede che sia “costituito in azienda un Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del Protocollo di regolamentazione con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e delle RLS”.

Nel caso di specie, il Tribunale ha giudicato antisindacale la condotta della società che aveva  escluso dal Comitato ex art. 13 Protocollo 14 marzo 2020 delle RSA e/o RLS

Tribunale Treviso 2 luglio 2020, n. 2571

 

Temporanea inattività del lavoratore e conseguenze

Ai sensi dell’art. 2103 c.c. il lavoratore ha diritto allo svolgimento delle mansioni per le quali è stato assunto, ovvero quelle equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza diminuzione della retribuzione, a nulla rilevando che l’assegnazione di compiti differenti sia stata temporanea. La medesima disposizione fonda la pretesa del dipendente a non essere privato di ogni mansione, gravando sul datore non solo un obbligo “negativo” (rispetto delle mansioni fissate al momento dell’assunzione) ma anche positivo, dovendo lo stesso garantire al dipendente l’esecuzione della prestazione lavorativa.

La violazione dell’art. 2103 c.c. determina, pertanto, una responsabilità risarcitoria in capo al datore, fatte salve le ipotesi in cui l’inattività del lavoratore sia riconducibile ad un lecito comportamento datoriale, in quanto giustificato dall’esercizio dei poteri imprenditoriali garantiti dall’art. 41 Cost., o dei poteri disciplinari, ovvero sia stato determinato da un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.).

Ad ogni modo, l’onere della prova circa la sussistenza di tali circostanze giustificative grava sul datore.

Cass., Sez. Lav., 11 febbraio 2020, n. 12485