Profilo oggettivo della condotta antisindacale
La disposizione ricomprende tutte quelle condotte che siano oggettivamente idonee ad ostacolare l’attività sindacale, sia in relazione a diritti e prerogative, riconosciuti da disposizioni di legge o di contratto collettivo, sia incidendo sulla capacità organizzativa, di aggregazione e di negoziazione del sindacato. Una volta accertato che la condotta è oggettivamente lesiva di prerogative o di diritti di libertà e attività sindacale, l’intento soggettivo è irrilevante. E sussiste una lesione indiretta della capacità di aggregazione, che viene ostacolata, quando la condotta è oggettivamente idonea a determinare lo svilimento del ruolo del sindacato e a pregiudicarne la credibilità e l’immagine presso i lavoratori, quale soggetto capace di essere interlocutore e di incidere nelle relazioni industriali in ambito aziendale. Inoltre, come pure è stato osservato l’art. 28, st. lav., reprime i comportamenti “diretti” a impedire o limitare la libertà sindacale ed è quindi una fattispecie che richiede il pericolo di danno e non già la prova del danno (ossia il fatto di aver patito conseguenze negative a causa della condotta denunciata).
Anche la Cassazione si è espressa in maniera affermativa, sostenendo che per integrare gli estremi della condotta antisindacale di cui all’art. 28, st. lav., lavoratori è sufficiente che il comportamento posto in essere leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, anche in difetto di uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro.