News

Eccezione ex art. 1460 c.c. e tutela della salute

L’excepito inadimpleti contractus presuppone non solo l’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra i contraenti, ma anche la non contrarietà a buona fede dell’inadempimento da parte di colui che essa solleva. La giurisprudenza ha precisato che, ai fini della legittimità del rifiuto, questo dovrà essere proporzionale all’altrui comportamento,  considerata la funzione economico-sociale del contratto, nonché il peso delle rispettive condotte sull’equilibrio sinallagmatico, sugli interessi e sulle posizioni di ciascun contraente. Nell’ambito del rapporto di lavoro non trascurabile è certamente l’incidenza dell’inadempimento datoriale su fondamentali esigenze di vita e familiari del lavoratore, tra cui ovviamente quelle di salute (ove debitamente certificate).Affinché venga dichiarato legittimo, non sarà imprescindibile l’avvallo giudiziale del rifiuto (attivando ad es.la procedura d’urgenza ex art. 700, c.p.c.), in quanto ciò, in assenza di una previsione normativa ad hoc,  porrebbe in capo al lavoratore un onere di entità non indifferente.

Cass., Sez. lav., 19 luglio 2019, n. 19579.

La pretesa contributiva di INPS non è soggetta a decadenza

Il termine di due anni previsto dall’art 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla sola prescrizione.

Cass. Sez. Lav. n° 22110 del 4.9.2019

Responsabilità del datore di lavoro e principio del concorso di colpa del danneggiato in tema di infortuni e malattie professionali

Il datore di lavoro è totalmente esonerato da ogni responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore assuma caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute, in modo da porsi quale causa esclusiva dell’evento (Cass., n. 3786 del 2009): integrando così il cd. “rischio elettivo”, ossia una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o anche ad essa riconducibile, ma esercitata e intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell’attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata (Cass., n. 18786 del 2014).

“Riders” : prevalenza della paga oraria su quella a cottimo e obbligo della assicurazione Inail, le novità del decreto in Gazzetta

DECRETO-LEGGE 3 settembre 2019, n. 101 – Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali (GU Serie Generale n. 207 del 4 settembre 2019).

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge che stabilisce livelli minimi di tutela per i prestatori impiegati con rapporti di lavoro non subordinato nell’ambito della consegna di cibo a domicilio e riceve ordini tramite una piattaforma digitale o una app (cd. riders).

Il decreto entrerà in vigore il 5 settembre 2019; dopo 180 giorni entreranno in vigore le disposizioni relative ai riders.

Prevalenza della paga oraria su quella a cottimo. Il decreto prevede anzitutto che il corrispettivo per i lavoratori di cui al comma 1 potrà essere determinato in base alle consegne effettuate purché in misura non prevalente.

I contratti collettivi potranno definire schemi retributivi modulari e incentivanti che tengano conto delle modalità di esecuzione della prestazione e dei diversi modelli organizzativi.

Il corrispettivo orario sarà riconosciuto a condizione che, per ciascuna ora lavorativa, il lavoratore accetti almeno una chiamata.

Obbligo della Assicurativa Inail. – I riders saranno e soggetti alla copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

A tal fine l’impresa che si avvale della piattaforma anche digitale sarà tenuta a tutti gli adempimenti del datore di lavoro previsti dalla normativa.

Tutele crescenti : il Tribunale di Milano rinvia alla Corte UE la norma contenuta nel Jobs Act

Il Jobs Act e, in particolare, uno dei suoi principali decreti attuativi (D.lgs. n. 23/2015) ha introdotto, per tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far data dal 7 marzo 2015 e per tutti i lavoratori il cui contratto a termine sia stato convertito in contratto a tempo indeterminato dopo tale data, un nuovo regime sanzionatorio in caso di licenziamento illegittimo. L’intervento normativo non ha modificato solo il regime di tutele cui può avere accesso il lavoratore in caso di illegittimità del licenziamento individuale ma ha apportato modifiche anche alle tutele che possono essere invocate dai lavoratori licenziati illegittimamente nell’ambito di un licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24 della L. n. 223/1991.

Molti commentatori, subito dopo l’entrata in vigore del contratto a tutele crescenti, hanno evidenziato che proprio con riferimento alle conseguenze sanzionatorie del licenziamento collettivo illegittimo si paleserebbe una evidente ed illegittima disparità di trattamento tra lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 e lavoratori assunti dopo tale data. Questi ultimi, infatti, pur in presenza dei medesimi vizi che inficiano la legittimità del licenziamento collettivo, avrebbero accesso ad una tutela fortemente depotenziata per il solo fatto di essere stati assunti in una data successiva.

La recente ordinanza 5 agosto 2019 del Tribunale di Milano ravvisa in tale profilo un possibile punto di collisione tra la normativa interna e l’ordinamento eurounitario tale da indurre il Giudice ad esercitare, ai sensi dell’art. 267, paragrafo 3, TFUE, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per la verifica della corretta interpretazione del diritto eurounitario.

Divieto di recesso dal contratto collettivo

Nel contratto collettivo di lavoro la possibilità di disdetta spetta unicamente alle parti stipulanti, ossia alle associazioni sindacali e datoriali che di norma provvedono anche a disciplinare le conseguenze della disdetta; al singolo datore di lavoro, pertanto, non è consentito recedere unilateralmente dal contratto collettivo, neppure adducendo l’eccessiva onerosità dello stesso, ai sensi dell’art. 1467 c.c., conseguente ad una propria situazione di difficoltà economica, salva l’ipotesi di contratti aziendali stipulati dal singolo datore di lavoro con sindacati locali dei lavoratori.

Ne segue che non è legittima la disdetta unilaterale da parte del datore di lavoro del contratto applicato seppure accompagnata da un congruo termine di preavviso. Solo al momento della scadenza contrattuale sarà possibile recedere dal contratto ed applicarne uno diverso a condizione che ne ricorrano i presupposti di cui all’art. 2069 c.c

Cass., sez. lav. 20 agosto 2019, n. 21537

Trasferimento d’azienda invalido : la retribuzione corrisposta dal cessionario non libera il cedente in presenza di “mora accipiendi”

In caso di cessione di ramo d’azienda, ove su domanda del lavoratore ceduto venga giudizialmente accertato che non ricorrono i presupposti di cui all’art. 2112, c.c., il pagamento delle retribuzioni da parte del cessionario, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore successivamente a detto accertamento ed alla messa a disposizione delle energie lavorative in favore dell’alienante da parte del lavoratore, non produce effetto estintivo, in tutto o in parte, dell’obbligazione retributiva gravante sul cedente che rifiuti, senza giustificazione, la controprestazione lavorativa.

Cass., Sez. Lav., 3 luglio 2019, n. 17784

Cambio di residenza non comunicato all’azienda : valida la lettera di licenziamento inviata al vecchio indirizzo

In tema di procedimento disciplinare e comunicazione degli addebiti, nonché del conclusivo licenziamento, laddove le lettere raccomandate non vengano consegnate al lavoratore per assenza sua e delle altre persone abilitate a riceverle presso il domicilio dichiarato al datore di lavoro, la comunicazione si presume conosciuta alla data in cui viene rilasciato l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale.

Cass., Sez. Lav., 31 luglio 2019, n. 20721

 

L’estensione del termine di decadenza ex art. 32 del Collegato Lavoro alle fattispecie di tipo interpositorio

La fattispecie contemplata dalla lettera d) del comma 4 dell’art. 32, l. n. 183 del 2010, può riferirsi, oltre che alla somministrazione irregolare espressamente richiamata dalla norma, agli appalti illegittimi o ancora alla violazione delle norme sul distacco e comunque a tutte quelle altre tipologie in senso lato interpositorie che possono realizzarsi ad esempio nell’ambito dei gruppi societari che nascondono un’unicità di impresa, come anche in ipotesi di più imprese in cui viene rivendicata una con titolarità del rapporto di lavoro.

In questi casi ciò che la norma fa rientrare nell’ambito limitativo del termine di decadenza per l’impugnazione è l’accertamento di un rapporto di lavoro alle dipendenze di un terzo, quale preteso effettivo titolare del rapporto” del resto, la necessità di impugnazione nei confronti dell’utilizzatore nel rispetto dei termini di cui all’art. 6, l. n. 604 del 1966, emerge in maniera chiara anche nell’art. 39, d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 che, proprio con riferimento alla somministrazione irregolare di cui all’art. 38 stabilisce l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 6, l. n. 604 del 1966.

Corte appello Milano, Sez. Lav., 30 maggio 2019, n. 670

In senso conforme

Cass., Sez. Lav., 25 maggio 2017, n. 13179
Cass., Sez. Lav., 13 settembre 2016, n. 17969

Mancato gradimento del lavoratore da parte della società committente e legittimità del trasferimento

Il  trasferimento disposto in applicazione della clausola di gradimento, determinante una “incompatibilità ambientale” è stato considerato dalla giurisprudenza “riconducibile alle esigenze tecniche, organizzative e produttive legittimanti il trasferimento dei lavoratori (ai sensi dell’art. 2103, c.c.)” (Cass., sez. lav., 12 dicembre 2002, n. 17786).

Tribunale Reggio Calabria, Sez. Lav., decr. rigetto, 30 maggio 2019, n. 10071