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Indennità di mancato preavviso e possibilità di rinunzia

L’istituto del preavviso è diretto ad attenuare per la parte che subisce il recesso le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla cessazione del contratto: in caso di licenziamento garantisce al lavoratore la continuità della percezione della retribuzione per un certo lasso di tempo, durante la ricerca di una nuova occupazione; al datore fornisce il tempo necessario alla sostituzione del recedente.

In tema di rinunziabilità del periodo di preavviso da parte del soggetto non recedente è necessario fare riferimento alla questione circa la natura reale o obbligatoria del preavviso stesso. La rinuncia, infatti, dovrebbe escludersi ove si optasse per la natura reale.

Tuttavia la soluzione opposta è stata sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità, aderendo alla tesi dell’efficacia obbligatoria del preavviso il quale configura, pertanto, un mero obbligo accessorio dell’esercizio del recesso. La parte recedente è libera di optare tra la prosecuzione del rapporto durante il periodo di preavviso o la corresponsione a controparte dell’indennità.

In quest’ultima ipotesi la parte non recedente è titolare di un diritto di credito dalla stessa liberamente rinunziabile

Cass., Sez. Lav., 13 ottobre 2021, n° 27934

 

Scadenza del CCNL e recesso datoriale

Con ricorso ex art. 28, l. n. 300/1970, alcune organizzazioni sindacali adivano il Tribunale, sostenendo la natura antisindacale della condotta tenuta dalla società, la quale aveva disapplicato il contratto collettivo venuto in scadenza ed applicato un nuovo contratto collettivo stipulato da sindacati non rappresentativi ed estranei al modello di rappresentanza.

Il contratto collettivo dal quale la Società aveva comunicato la disdetta prevedeva una clausola di ultra vigenza sino alla sottoscrizione di un nuovo contratto collettivo.

Tribunale Roma, decr. 19 aprile 2021

 

“Chat” aziendale oggetto di controlli e utilizzabilità dei dati raccolti

Chat aziendale oggetto di controlli, utilizzabilità dei dati raccolti e previa informazione al lavoratore.

Quanto alla questione relativa alla qualificazione come “strumento di lavoro” della chat aziendale oggetto dei controlli non sembra possano sussistere dubbi, essendo essa, pacificamente, funzionale alla prestazione lavorativa. In questi casi la disciplina vigente prevede bensì l’esclusione delle procedure di garanzia di cui al comma 1 dell’art. 4 per tali controlli.

Tuttavia, negli stessi casi l’utilizzabilità del risultato di tali controlli “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, compresi quindi quelli disciplinari, è subordinata, secondo il comma 3 dello stesso art. 4, alla “condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

Nel caso di specie, era mancata l’adeguata informazione preventiva al lavoratore, poiché la comunicazione aziendale con la quale i lavoratori erano stati informati della soppressione della chat aziendale era intervenuta successivamente all’effettuazione dei controlli).

Cass., Sez. Lav., 22 settembre 2021, n. 25731

 

Luogo di lavoro e responsabilità in tema di sicurezza

Nell’ambito della sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l’uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie.

Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il “garante” è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l’illecito, qualora l’evento si sia prodotto nell’ambito della sua sfera gestoria.

Proprio nell’ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il d.lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.

Cass. pen., sez. IV, 3 giugno 2021 (ud. 29 aprile 2021), n. 21553

 

Condotta anti-sindacale e profili della eventuale lesività (anche in senso meramente oggettivo)

In via interpretativa, può desumersi come la natura antisindacale di una condotta non sia individuabile in base a caratteristiche strutturali costanti ed invariate, bensì analizzando di volta in volta l’idoneità del comportamento a ledere gli interessi collettivi di cui l’organizzazione sindacale è portatrice. Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, non appare necessario l’accertamento in concreto di uno specifico intento lesivo: ciò in quanto la portata discriminatoria di una condotta antisindacale opera ex se, rilevando oggettivamente.

Può dunque sorgere l’esigenza di una tutela della libertà sindacale anche in relazione ad un errore del datore di lavoro in merito alla lesività della propria condotta. L’antisindacalità può configurarsi anche nel caso in cui il datore di lavoro ponga in essere comportamenti in sé leciti, quando questi presentino i caratteri dell’abuso del diritto, essendo indirizzati a fini diversi da quelli tutelati ex lege.

Nel caso di specie, il giudice ha accertato l’antisindacalità della condotta consistita nella divulgazione tramite social network di messaggi di disprezzo del sindacato ad opera del legale rappresentante della società datrice di lavoro, e nell’agevolazione e promozione di un’organizzazione di lavoratori avente natura sostanzialmente sindacale.

Tb. Milano – Sez. Lav. decr. 11.8.2021

Lavoratori somministrati e “Green Pass”

L’art. 3, comma 2, d.l. 21 settembre 2021, n. 127, dispone che il datore di lavoro è tenuto – pena l’applicazione delle sanzioni di cui al comma nono – a verificare il possesso della certificazione verde Covid-19, sia rispetto ai propri dipendenti sia con riferimento a coloro che, a qualsiasi titolo, svolgano la propria attività lavorativa, di formazione o di volontariato presso i luoghi di lavoro.

Tenuto conto del dato letterale della disposizione, nonché delle caratteristiche proprie del contratto commerciale di somministrazione, sembra possibile affermare che, prima dell’inizio della missione presso l’utilizzatore, gravi sull’agenzia verificare il possesso del green pass da parte del lavoratore, ciò costituendo una delle condizioni necessarie ai fini della concreta possibilità di dare esecuzione al contratto.

Avviata la missione sarà invece l’utilizzatore, concretamente nella posizione fattuale necessaria, ad essere tenuto ai controlli suddetti prima che il lavoratore faccia l’accesso al luogo di svolgimento della prestazione.

Si ritiene, ad ogni modo, che sia onere del somministratore assicurarsi, per poter adempiere al proprio obbligo contrattuale verso l’utilizzatore, che il lavoratore sia in possesso dei requisiti per l’esecuzione della prestazione lavorativa per l’intera durata del contratto.

L’eventuale impossibilità di assicurarsi la prestazione del lavoratore da parte dell’utilizzatore potrà, quindi, essere fonte di responsabilità ex art. 1218, c.c.

La rilevanza della condotta tenuta in un precedente rapporto di lavoro ai fini del recesso datoriale per giusta causa

La condotta del prestatore di lavoro, consistita in un grave inadempimento contrattuale posto in essere nell’ambito di un precedente ed omogeneo rapporto di lavoro, può legittimare il datore presso cui è attualmente in forza il lavoratore a recedere per giusta causa, ove tale condotta sia idonea ad incidere irrimediabilmente sul vincolo fiduciario.

Tribunale Pistoia 12 gennaio 2021, n. 1

Impugnazione per ragioni diverse del medesimo licenziamento ed esclusione di litispendenza

Ripercorrendo l’evoluzione giurisprudenziale sul tema (v. in particolare Sez. unite, 16 febbraio 2017, n. 4091/2017), il Collegio giunge infatti ad affermare il principio di diritto secondo cui «non sussiste litispendenza tra due giudizi aventi ad oggetto la impugnazione per ragioni diverse del medesimo atto di licenziamento.

Cass., Sez. Lav., ord. 16 agosto 2021, n. 22930

 

Interpretazione del verbale di conciliazione

Nell’interpretazione di una clausola contenuta in una conciliazione occorre perimetrare la comune intenzione dei contraenti: la stessa si ricava facendo leva non solo sul tenore letterale delle parole utilizzate – da vagliare alla luce dell’integrale contesto negoziale ex art. 1363 c.c., ma facendo ricorso anche ai criteri di interpretazione soggettiva di cui agli artt. 1369 e 1366 c.c. E’, infatti, necessario accertare il significato dell’accordo in coerenza con gli interessi che entrambe le parti abbiano inteso tutelare ed escludere – in forza di un principio di lealtà e salvaguardia dell’altrui posizione giuridica – quelle interpretazioni che, sebbene formalmente sostenibili, appaiano con essi in contrasto

Cass., Sez. Lav., 14 settembre 2021, n. 24699

 

Green Pass obbligatorio per tutti i lavoratori

Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera all’unanimità al nuovo decreto per l’estensione del Green pass a tutti i luoghi di lavoro, con validità dal prossimo 15 ottobre fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato d’emergenza.

Le disposizioni per i lavoratori del settore pubblico e privato

Le modalità operative per la gestione delle verifiche sul Green pass, anche a campione, saranno scelte dal datore di lavoro e dovranno prevedere che i controlli, compatibilmente con le esigenze lavorative, siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro. I datori di lavoro inoltre dovranno individuare con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi, così come previsto in precedenza anche dal DL 105/2021.

Nel caso della Pubblica Amministrazione, il dipendente privo di Green pass sarà considerato assente ingiustificato e a decorrere dal quinto giorno di assenza sarà sospeso dal rapporto di lavoro, fino ad avvenuta regolarizzazione della certificazione.

Nel settore privato invece la sospensione avrà effetto già dal primo giorno di mancata esibizione del Green pass.

In entrambi i casi verrà fatto salvo il diritto alla conservazione del posto di lavoro, ma non verrà corrisposta retribuzione, alla stregua di quanto già previsto per gli operatori dei settori ad interesse sanitario, come previsto dal DL 44/2021 conv. in L. 76/2021.

Per le imprese con meno di 15 dipendenti, dopo il quinto giorno di mancata presentazione della certificazione, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a 10 giorni, e non oltre il termine del 31 dicembre 2021.

L’obbligo è esteso anche ai lavoratori esterni

Dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021 il Green pass sarà obbligatorio per l’accesso a tutti i luoghi di lavoro pubblici e privati, anche per i lavoratori esterni all’Amministrazione o all’azienda.

Il nuovo decreto infatti prevede che “la disposizione si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o formativa presso le Amministrazioni, anche sulla base di contratti esterni”.

Novità anche per lavoratori autonomi e colf/badanti

L’obbligo di Green pass per l’ingresso nei luoghi di lavoro vale per tutti i lavoratori privati, e sono quindi da considerarsi inclusi anche lavoratori autonomi e collaboratori familiari, come spiegato da fonti del Governo, interpellate al riguardo. La norma dispone infatti che “chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso nei luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire su richiesta la certificazione verde”.

Le disposizioni per il Tribunale: Green pass per i magistrati, ma non per gli avvocati

L’obbligo di esibizione della certificazione sarà previsto, sempre con decorrenza 15 ottobre 2021, per i magistrati, compresi quelli onorari, gli avvocati e i procuratori dello Stato e i componenti delle commissioni tributarie che devono accedere agli uffici giudiziari. Tali disposizioni non valgono invece per “avvocati e altri difensori, consulenti, periti e altri ausiliari del magistrato estranei alle amministrazioni della giustizia, testimoni e parti del processo”. L’accesso senza il Green pass rappresenterà un “illecito disciplinare” e come tale sarà sanzionato.

Anche le Camere dovranno adeguarsi al Green Pass

L’estensione dell’obbligo del Green Pass vale anche per gli organi costituzionali, includendo dunque il Quirinale e la Corte Costituzionale e l’obbligo riguarderà anche le cariche elettive di Camera e Senato. L’obbligo, per il principio dell’autodichia, non può applicarsi automaticamente agli organi costituzionali che, secondo quanto prevedrebbe il decreto sul “super Green Pass”, saranno chiamati a pronunciarsi entro il 15 ottobre.

Un passaggio importante: le sanzioni per lavoratori e datori di lavoro

Il decreto prevede due tipologie di sanzioni distinte:

  • il lavoratore che entra nel luogo di lavoro non mostrando il certificato verde o omettendo i controlli è punito con sanzione da € 600 a € 1500;
  • il datore del lavoro che non controlla i Green pass dei dipendenti è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 400 a € 1.000.

Riconfermata l’esenzione da green pass per soggetti esenti dalla campagna vaccinale

L’obbligo di Green pass, come già previsto dal precedente DL 105/2021, non si applicherà “ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con Circolare del ministero della Salute”.

Tamponi gratis per chi è esente dalla campagna vaccinale

Per questi soggetti tuttavia “l’esecuzione gratuita dei test è altresì assicurata, al fine di tutelare la salute individuale e collettiva”.

Tamponi a prezzo calmierato per chi non è escluso dalla campagna vaccinale

Il decreto stabilisce che i tamponi per ottenere il Green pass saranno a carico dei lavoratori ma prezzi calmierati: € 8 per i minorenni, € 15 per i maggiorenni. L’obbligo, viene spiegato, porterà a un incremento del numero delle farmacie che praticano i prezzi calmierati.

Non è stata invece accolta la richiesta dei sindacati di tamponi gratis per tutti, la cui conseguenza potrebbe essere di annullare l’incentivo alla vaccinazione costituito dal Green pass.

I tamponi saranno pertanto gratuiti solo per coloro che non possono sottoporsi a vaccino, come da apposita certificazione medica. È prevista inoltre una sanzione amministrativa da € 1000 a € 10.000 per le farmacie che non applicheranno il prezzo calmierato previsto e il Prefetto territorialmente competente, tenendo conto delle esigenze della continuità del servizio di assistenza farmaceutica, può disporre la chiusura dell’attività per una durata non superiore a cinque giorni.

Le nuove decorrenze del Green pass

I guariti dal COVID non dovranno più attendere 15 giorni dalla prima dose di vaccino anti COVID per avere il Green pass ma lo otterranno subito dopo la prima somministrazione. Il decreto infatti modifica la normativa attuale sostituendo il passaggio in cui si affermava che la certificazione era valida “dal quindicesimo giorno successivo alla somministrazione” con le parole “dalla medesima somministrazione”.

Rinviata al 1° ottobre la questione discoteche ed eventi

Si valuterà il primo ottobre, invece, in base all’andamento della curva epidemiologica, se aumentare la capienza di impianti sportivi, cinema, teatri e concerti. Attualmente in zona bianca, la capienza consentita non può essere superiore al 50% di quella massima autorizzata all’aperto e al 35% al chiuso.

Il primo ottobre si valuterà anche l’apertura delle discoteche.

I numeri del Green pass

Sono circa 18 milioni i lavoratori pubblici e privati interessati dalle norme sul Green pass: 13,9 milioni già lo hanno, mentre quelli senza sono 4,115 milioni. Sono dati diffusi dal Governo. I lavoratori dipendenti del settore privato con il certificato verde sono 11 milioni (80%), 3,7 milioni quelli senza. Dei dipendenti pubblici che già sarebbero obbligati alla vaccinazione, 2,3 milioni hanno il green pass, 115mila no. Mentre fra i dipendenti pubblici non obbligati, in 600mila hanno il lasciapassare e 300mila no. I dati riguardano anche la popolazione inattiva: 10,8 milioni col green pass e 2,7 milioni senza. I disoccupati: 1,8 milioni con e 500 mila senza. I pensionati: 12 milioni con e un milione senza. I ragazzi e le ragazze fra i 12 e i 19 anni: 3 milioni con e 1,5 milioni senza.

Lo schema di sintesi: per chi è obbligatorio il Green pass

 

Soggetti interessati da obblighi già in vigore Soggetti interessati da obbligo in arrivo
Personale di settori ad interesse sanitario Dipendenti pubblici
Personale scolastico Dipendenti privati
Studenti e docenti universitari Colf e badanti
Clienti di ristoranti con servizio interno ai locali Titolari di partita IVA
Clienti di piscine e palestre Volontari
Viaggiatori di lungo raggio Lavoratori che offrono servizi occasionali (e idraulici ed elettricisti)
Partecipanti a fiere e congressi
Spettatori di teatro, cinema ed eventi sportivi
Chi si reca in ospedale
Clienti di sale gioco o scommesse