News

Risoluzione consensuale e obbligo contributivo sulla indennità di preavviso

È nel momento stesso in cui il licenziamento acquista efficacia che sorge il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso e la conseguente obbligazione contributiva su tale indennità: se poi, successivamente, il lavoratore licenziato rinunci al diritto all’indennità, tale rinuncia non potrà avere alcun effetto sull’obbligazione pubblicista, preesistente alla rinuncia e ad essa indifferente perché il negozio abdicativo proviene da soggetto (il lavoratore) diverso dal titolare (INPS).

L’obbligazione contributiva del datore di lavoro verso l’INPS sussiste, infatti, indipendentemente dall’adempimento degli obblighi retributivi nei confronti del lavoratore o dalla rinuncia ai relativi diritti da parte di quest’ultimo.

Cass., Sez. Lav., 13 maggio 2021, n. 12932

 

Se la quarantena Covid è imputabile ad una condotta colposa del lavoratore, l’assenza è ingiustificata ed il licenziamento è legittimo

In base ai principi di correttezza e buona fede il lavoratore subordinato deve adottare una condotta che non sia lesiva dell’interesse del datore di lavoro consistente nell’effettiva esecuzione della prestazione lavorativa.

Sulla base di questo presupposto l’assenza dal lavoro dovuta dalla quarantena, così come previsto dalla normativa anticovid, per aver trascorso le ferie in un paese extracomunitario costituisce assenza non giustificata della lavoratrice e legittima il licenziamento per giusta causa.

Tribunale Trento, ord. 21 gennaio 2021.

 

Blocco dei licenziamenti e figura del dirigente. Dietro front del Tribunale di Roma

Il dato letterale della disposizione (art. 46 d.l. n. 18/2020 convertito con modificazioni alla l. n. 27/2020), in uno con la filosofia che la sorregge, non consente di ritenere che la figura del dirigente possa essere ricompresa nel blocco.

Il blocco infatti è stato accompagnato da una pressoché generalizzata possibilità per le aziende, anche quelle piccole, di ricorrere agli ammortizzatori sociali, con la conseguenza che la cassa integrazione, estesa come detto a tutte le aziende, ha consentito a queste ultime di tamponare le perdite (attraverso una riduzione del costo del lavoro), permettendo la tutela occupazionale dei lavoratori, anche a fronte del blocco dei licenziamenti.

Ai dirigenti non è consentito, almeno in pendenza del rapporto di lavoro, di accedere agli ammortizzatori sociali. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui venisse esteso il blocco dei licenziamenti anche ai dirigenti, il datore di lavoro si ritroverebbe nella condizione di non poter reperire una soluzione sostitutiva (come per tutti gli altri dipendenti non dirigenti) che permetta loro di garantire reddito e tutela occupazionale senza costi aggiuntivi

Tribunale Roma 19 aprile 2021, n. 3605

 

Corte di Giustizia UE : licenziamento collettivo e applicazione di un regime meno vantaggioso per i lavoratori assunti con il Jobs Act

La clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che estende un nuovo regime di tutela dei lavoratori a tempo indeterminato in caso di licenziamento collettivo illegittimo ai lavoratori il cui contratto a tempo determinato, stipulato prima della data di entrata in vigore di tale normativa (7 marzo 2015), è convertito in contratto a tempo indeterminato dopo tale data; né la materia dei criteri di scelta e della eventuale sanzione,  nell’ambito di un licenziamento collettivo, tocca la direttiva 98/59, per cui non può essere esaminata alla luce dei diritti fondamentali garantiti dalla

Carta di Nizza.Corte Giust. UE, Seconda sezione, 17 marzo 2021, C-652/19

 

Licenziamento collettivo, mansioni d’assegnazione e professionalità acquisita

Qualora il licenziamento collettivo per riduzione di personale interessi in modo esclusivo un’unità produttiva o uno specifico settore dell’azienda, il datore non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti ivi impiegati ove i medesimi siano idonei – per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda – ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri settori.

Cass., Sez. Lav., 4 marzo 2021, n. 6068

 

Genitori e DAD : l’ incompatibilità della prestazione con lo smart-working

Dopo il silenzio legislativo successivo al 31 dicembre 2020, il legislatore (d.l. n. 30/2021) ha nuovamente previsto – fino al 30 giugno 2021 – la possibilità per il lavoratore dipendente, genitore di figlio convivente minore di 16, di richiedere che l’esecuzione della propria prestazione avvenga in modalità agile per un periodo corrispondente, in tutto o in parte, alla durata della sospensione dell’attività didattica in presenza, alla durata dell’infezione da Covid-19 del figlio (ovunque verificatesi) nonché alla durata della quarantena del medesimo, disposta dal Dipartimento di prevenzione dell’ ASL territorialmente competente a seguito di contatto, a prescindere dal luogo in cui esso sia avvenuto.

Il legislatore ha considerato anche l’ipotesi di una sostanziale incompatibilità delle mansioni svolte con lo smart-working: il lavoratore, con figlio minore di 14 anni o con disabilità grave, potrà astenersi dal lavoro per il medesimo periodo suddetto, percependo un’indennità pari al 50% del trattamento retributivo. Ciò, tuttavia, nei limiti di spesa indicati (282,8 milioni di euro per l’anno 2021).

Qualora il figlio abbia un’età compresa tra i 14 ed i 16 anni, invece, alle medesime condizioni sopra riportate, l’astensione dal lavoro non prevede la corresponsione di retribuzione o di un’indennità, né il riconoscimento di contribuzione figurativa. È fatto divieto di licenziamento ed è riconosciuto il diritto alla conservazione del posto di lavoro

Il licenziamento per inidoneità alla mansione rientra nel blocco dei licenziamenti Covid 19

Il licenziamento per sopravvenuta inabilità ricompreso nell’ambito applicativo del blocco dei licenziamenti per g.m.o. di cui all’art. 46 d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, perché tale motivo di licenziamento è indubbiamente oggettivo (non è disciplinare) nella dicotomia dell’art. 3 della l. n. 604/1966, ma anche perché, in concreto, per tale licenziamento valgono le stesse ragioni di tutela economica e sociale che stanno alla base di tutte le altre ipotesi di licenziamento per G.M.O. che la normativa emergenziale ha inteso espressamente impedire.

Il licenziamento irrogato in violazione dell’art. 46 d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 è nullo, in quanto contrario a norme imperative, il rimedio conseguente va individuato nell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 23/2015, che prevede la massima sanzione (reintegra e risarcimento) indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati presso il datore di lavoro.

Tribunale di Ravenna – Sez. Lavoro 7.1.2021

Il divieto dei licenziamenti economici in pendenza di pandemia si applica (anche) ai dirigenti

Il divieto transitorio dei licenziamenti individuali riconducibili ad esigenze economiche e organizzative aziendali introdotto dall’art. 46 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, ai sensi del quale è preclusa al datore di lavoro la facoltà di “recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604”, si applica anche al rapporto di lavoro dei dirigenti.

Tribunale di Roma – Sez. Lavoro 26.2.2021

Obbligo di vaccino

Il Tribunale di Belluno ha rigettato il ricorso di alcuni infermieri e operatori sanitari di una casa di riposto posti in ferie “forzate” dalla direzione della r.s.a. a seguito del rifiuto di sottoporsi alla somministrazione del vaccino Pfizer.

Per il giudice bellunese la permanenza dei ricorrenti nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. che gli impone di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei suoi dipendenti.

È infatti notorio, scrive il giudice, che il vaccino costituisce misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui a cui è somministrato prevenendo l’evoluzione della malattia. I ricorrenti, operatori sanitari impiegati in mansioni a contatto con persone che accedono al loro luogo di lavoro, corrono il rischio, in assenza di vaccino, di essere contagiati. Per tale ragione la loro permanenza nel luogo di lavoro comporterebbe la violazione dell’obbligo di cui al citato art. 2087 c.c.

Per il giudice inoltre, nel caso di specie, sull’eventuale interesse del prestatore ad usufruire di un diverso periodo di ferie prevale l’esigenza del datore di lavoro di osservare il disposto dell’art. 2087 c.c.

Tribunale di Belluno – Sez. Lavoro 21.3.2021

Il divieto di licenziamento in epoca COVID vale anche per i Dirigenti

Con ordinanza del 26.2.2021, il Tribunale di Roma – Sez. Lavoro ha ordinato la reintegrazione di un dirigente licenziato il 23 Luglio 2020, ritenendo il licenziamento nullo per violazione del divieto imposto dalla normativa emergenziale.

Il Giudice, in particolare, ha esteso la portata preclusiva di cui all’art. 46 del D.L. n° 18 / 2020, prorogato dal cd. “Decreto Rilancio”, anche verso i licenziamenti da cd. GMO verso i Dirigenti, motivando, diversamente, il contrasto con l’art. 3 Cost. e avuto riguardo del criterio di solidarietà sociale cui è ispirata la norma di riferimento.