Il bilanciamento degli interessi tra lavoratore disabile e datore di lavoro

Alla luce della normativa e della giurisprudenza nazionale ed europea, il diritto del lavoratore disabile alla adozione di accorgimenti che consentano l’espletamento della prestazione lavorativa trova un limite nella organizzazione interna dell’impresa e, in particolare, nel mantenimento degli equilibri finanziari dell’impresa stessa nonché nel diritto degli altri lavoratori alla conservazione delle mansioni assegnate e, in ogni caso, di mansioni che ne valorizzino l’esperienza e la professionalità acquisita.

Obbligo di repêchage e tutela reintegratoria

In tema di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni, il recesso intimato dal datore di lavoro senza aver rispettato l’obbligo di repêchage, consistente nella ricerca di soluzioni alternative – compatibili, in questo caso, con il particolare stato di salute del lavoratore – anche eventualmente dequalificanti, rende insussistente il motivo posto a fondamento del licenziamento con conseguente applicazione della tutela reintegratoria prevista dal comma 7 dell’art. 18, st. lav. La Corte di cassazione si pone – affermano i giudici di legittimità – nel solco del principio già affermato dalla stessa, secondo cui il comma 7 dell’art. 18, st. lav., prevede espressamente la reintegrazione per il caso in cui il giudice accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore senza attribuire al giudice stesso alcuna discrezionalità.

Obbligo di repechage per sopravvenuta inideoneità alle mansioni

In tema di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni, il recesso intimato dal datore di lavoro senza aver rispettato l’obbligo di repêchage, consistente nella ricerca di soluzioni alternative – compatibili, in questo caso, con il particolare stato di salute del lavoratore – anche eventualmente dequalificanti, rende insussistente il motivo posto a fondamento del licenziamento con conseguente applicazione della tutela reintegratoria prevista dal comma 7 dell’art. 18, st. lav. La Corte di cassazione si pone – affermano i giudici di legittimità – nel solco del principio già affermato dalla stessa, secondo cui il comma 7 dell’art. 18, st. lav., prevede espressamente la reintegrazione per il caso in cui il giudice accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore senza attribuire al giudice stesso alcuna discrezionalità.