Contestazione disciplinare e recidiva
La preventiva contestazione dell’addebito al lavoratore incolpato deve necessariamente riguardare, a pena di nullità della sanzione o del licenziamento disciplinare, anche la recidiva e i precedenti disciplinari che la integrano, solo quando la recidiva medesima rappresenti un elemento costitutivo della mancanza addebitata e non già mero criterio, quale precedente negativo della condotta, di determinazione della sanzione proporzionata da irrogare per l’infrazione disciplinare commessa.
Per individuare la natura costitutiva o meno della recidiva, occorre fare riferimento alle previsioni della contrattazione collettiva applicabile, dovendosi considerare che nell’interpretazione delle norme collettive trova applicazione la disciplina di cui agli artt. 1362, c.c. e ss.
Peraltro, la Suprema Corte ha avuto modo di sottolineare, in più occasioni, che il giudice non può estendere le ipotesi di condotte integranti giusta causa o giustificato motivo oltre il limite che l’autonomia delle parti ha previsto.
Nella specie, a fronte di condotte punibili con la sanzione conservativa della sospensione, il datore di lavoro può applicare la più grave sanzione espulsiva solamente in forza dell’operatività della recidiva. Ciò significa che la recidiva, rappresentando un elemento costitutivo della mancanza addebitata, ha natura costitutiva e, pertanto, dev’essere preventivamente contestata ai fini della legittimità del recesso. La presenza di precedenti disciplinari non può pertanto autorizzare il datore di lavoro ad applicare una sanzione diversa e più grave della sospensione, ma solamente a graduare in maniera più severa la sanzione conservativa.
(Corte d’Appello di Milano – Sez. Lavoro 15.10.2018 n° 1602)