La responsabilità del datore di lavoro, sul c.d. danno differenziale, va accertata secondo criteri civilistici
La Corte di cassazione, con la sentenza del 19 giugno 2020, n. 12041, in assolvimento della sua funzione nomofilattica, risolve la questione sorta in ambito dottrinale e giurisprudenziale sui criteri di accertamento della responsabilità del datore di lavoro in caso di azione del lavoratore proposta per il risarcimento del danno differenziale derivante da infortunio o malattia professionale e, per connessione, nell’ipotesi di azione di regresso esercitata dall’INAIL, preferendo la tesi che la responsabilità del datore di lavoro debba essere accertata con criteri di tipo civilistico, esattamente secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all’elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale tra fatto ed evento dannoso.
Questa soluzione, fondata sul superamento sia della logica transattiva su cui poggiava al momento della sua istituzione l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro sia del principio di prevalenza del giudizio penale rispetto a quello civile, restringe l’ambito operativo della regola del parziale esonero, di cui all’art. 10, d.P.R. n. 1124 del 1965 (t.u. infortuni sul lavoro e malattie professionali), escludendo che l’accertamento della responsabilità civile del datore di lavoro debba avvenire nel rispetto dei principi e delle regole proprie del processo penale.