Licenziamenti collettivi e adeguatezza della tutela indennitaria di tipo compensativo

Nella sentenza n. 7 la Corte costituzionale riconosce che con le norme impugnate (artt. 3, comma 1, e 10 d.lgs. 4 marzo 2015 n. 23) la precedente tutela del lavoratore contro il licenziamento illegittimo viene “sensibilmente ridimensionata a favore della tutela indennitaria di tipo compensativo” (par. 4.3.) e la stessa osservazione è contenuta nella successiva sent. n. 22, redatta dallo stesso giudice.

La sent. n. 7 nota altresì che con le pronunce successive al 2015 la stessa Corte ha proceduto ad un nuovo ampliamento “dell’area della tutela reintegratoria” (par. 4.6.).

La detta riduzione legislativa della tutela contro i licenziamenti illegittimi non sembra alla Corte contrastante con gli artt. 3,4 e 35 Cost. per le ragioni che la stessa Corte riconduce a quelle dichiarate dal legislatore già nell’art. 1 l. n. 92/2012 nonché nel preambolo della legge n. 23 del 2015 e che si sintetizzano nella finalità di incremento dell’occupazione.

Ma sull’utilità, ai fini interpretativi, delle dichiarazioni del legislatore contestuali alla legge stessa, con le quali egli intende convincere della bontà sociale del suo prodotto con argomenti politici e non tecnico-giuridici, non è il caso di dilungarsi. Circa i preamboli già in tempo non recente si è parlato di “vari espedienti della rettorica nella motivazione delle leggi” e di “preamboli sempre meno importanti” (27).

La moderata fiducia nella motivazione espressa delle leggi, mostrata da Nicola Lupo (28), è da condividere poiché la stessa motivazione, anche quando non contestuale, può informare più sull’occasio che sulla ratio legis, destinata a modificarsi col tempo soprattutto in ragione dell’esperienza applicativa.

La Corte richiama anche l’incensurabilità, nella sua sede giurisdizionale, dell’esercizio della discrezionalità politica del Parlamento (art. 28 l. 11 marzo 1953 n. 87), pur conoscendo la labilità della linea di confine tra il sindacato su questo tipo di discrezionalità ed un controllo di legittimità in cui le norme-parametro (quelle della Costituzione) non sono quasi mai  formulate per fattispecie chiuse bensì attraverso l’indicazione di scopi da raggiungere, attraverso espressioni linguistiche indeterminate e perciò affidate all’ampia discrezionalità dell’interprete, ossia ed anzitutto al legislatore ordinario (29).

Oltre all’impossibilità di sindacare la discrezionalità politica del legislatore la Corte nega l’efficacia vincolante, per i giudici nazionali, delle decisioni del Comitato europeo per i diritti sociali. Negazione generalmente condivisa ma che richiederebbe nel caso di specie una motivazione di merito più ampia quando quelle decisioni non vengano condivise, pur essendo state invocate dalla parte.,

Ancor meno persuasiva è la sent. n. 7 nella parte in cui esclude ogni contrasto con norme costituzionali quanto alla soppressione di ogni tutela reintegratoria nel caso di violazione di norme, legali o della contrattazione collettiva, sui licenziamenti collettivi.

La violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, nell’ambito della comunità aziendale e più specificamente di una procedura concorsuale, integra la lesione di criteri di giustizia distributiva, vale a dire del principio costituzionale di eguaglianza nel diritto privato, che può essere restaurato solo con la tutela reale.