Licenziamento collettivo e lavoratori obbligatoriamente assunti

Nel bilanciamento dell’interesse del datore al ridimensionamento dell’organico, in una situazione di crisi economica, con quello dell’assunto obbligatoriamente alla conservazione del posto di lavoro, il legislatore privilegia quest’ultimo. Ne consegue che il recesso di cui all’art. 4, comma 9, l. n. 223 del 1991, esercitato nei confronti del lavoratore disabile è annullabile qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei dipendenti rimanenti, occupati obbligatoriamente, sia inferiore alla quota di riserva prevista all’art. 3l. n. 223 del 1991.

Tale norma, infatti, mira a promuovere l’inserimento nel mondo del lavoro del disabile, evitando che in occasione di licenziamenti individuali, o collettivi, motivati da ragioni economiche, il datore possa violare le disposizioni afferenti la presenza percentuale in azienda di personale appartenente alle categorie protette, la cui assunzione sia avvenuta  conformità all’obbligo di legge.

I conferente è la circostanza del rifiuto alla ricollocazione considerato che non è possibile parlare di obbligo di repechage in ipotesi di licenziamento ex l. n. 223 del 1991.

Cass. Sez. Lav. 15 ottobre 2019, n. 26029