Monetizzazione delle ferie
Ove non sia più possibile beneficiare delle ferie maturate in corso di rapporto – ed è questo quello che accade quando il rapporto di lavoro cessi come nel caso in esame per morte del lavoratore – queste non possono essere che monetizzate specie quando risulti che il lavoratore non avesse rifiutato un’offerta datoriale di goderne.
Il divieto di monetizzazione delle ferie di cui all’art. 7, comma 2, direttiva 93/104/CE – poi confluita nella direttiva 2003/88/CE – e ripreso dall’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 66 del 2003, è finalizzalo a garantirne il godimento effettivo che sarebbe vanificato qualora se ne consentisse la sostituzione con un’indennità, la cui erogazione non può essere ritenuta equivalente rispetto alla necessaria tutela della sicurezza e della salute; da ciò discende che l’eccezione al principio – prevista nella seconda parte delle predette disposizioni, concernente la inapplicabilità del predetto divieto in caso di risoluzione del rapporto di lavoro – opera nei soli limiti delle ferie non godute relative al periodo ancora pendente al momento della risoluzione in questione, e non consente la monetizzazione di quelle riferibili agli anni antecedenti; ciò, peraltro, non esclude che il lavoratore, sia in corso di rapporto che al momento della sua risoluzione, possa invocare la tutela civilistica e far valere l’inadempimento del datore di lavoro che abbia violato le norme inderogabili sopra richiamate, a condizione però che il mancato godimento delle ferie sia derivato da causa imputabile al datore di lavoro (nella specie, il dirigente, per la posizione apicale ricoperta nell’azienda, pur avendo il potere di attribuirsi le ferie in piena autonomia, senza condizionamento alcuno da parte del titolare dell’impresa, non lo ha esercitato, così escludendo la configurabilità di un inadempimento colpevole del datore, né ha dimostrato la ricorrenza di condizioni imprevedibili ed eccezionali che ne hanno impedito il godimento: Cass., sez. lav., 10 ottobre2017, n. 23697).
In senso conforme