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La rilevanza della condotta tenuta in un precedente rapporto di lavoro ai fini del recesso datoriale per giusta causa

La condotta del prestatore di lavoro, consistita in un grave inadempimento contrattuale posto in essere nell’ambito di un precedente ed omogeneo rapporto di lavoro, può legittimare il datore presso cui è attualmente in forza il lavoratore a recedere per giusta causa, ove tale condotta sia idonea ad incidere irrimediabilmente sul vincolo fiduciario.

Tribunale Pistoia 12 gennaio 2021, n. 1

Impugnazione per ragioni diverse del medesimo licenziamento ed esclusione di litispendenza

Ripercorrendo l’evoluzione giurisprudenziale sul tema (v. in particolare Sez. unite, 16 febbraio 2017, n. 4091/2017), il Collegio giunge infatti ad affermare il principio di diritto secondo cui «non sussiste litispendenza tra due giudizi aventi ad oggetto la impugnazione per ragioni diverse del medesimo atto di licenziamento.

Cass., Sez. Lav., ord. 16 agosto 2021, n. 22930

 

Interpretazione del verbale di conciliazione

Nell’interpretazione di una clausola contenuta in una conciliazione occorre perimetrare la comune intenzione dei contraenti: la stessa si ricava facendo leva non solo sul tenore letterale delle parole utilizzate – da vagliare alla luce dell’integrale contesto negoziale ex art. 1363 c.c., ma facendo ricorso anche ai criteri di interpretazione soggettiva di cui agli artt. 1369 e 1366 c.c. E’, infatti, necessario accertare il significato dell’accordo in coerenza con gli interessi che entrambe le parti abbiano inteso tutelare ed escludere – in forza di un principio di lealtà e salvaguardia dell’altrui posizione giuridica – quelle interpretazioni che, sebbene formalmente sostenibili, appaiano con essi in contrasto

Cass., Sez. Lav., 14 settembre 2021, n. 24699

 

Green Pass obbligatorio per tutti i lavoratori

Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera all’unanimità al nuovo decreto per l’estensione del Green pass a tutti i luoghi di lavoro, con validità dal prossimo 15 ottobre fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato d’emergenza.

Le disposizioni per i lavoratori del settore pubblico e privato

Le modalità operative per la gestione delle verifiche sul Green pass, anche a campione, saranno scelte dal datore di lavoro e dovranno prevedere che i controlli, compatibilmente con le esigenze lavorative, siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro. I datori di lavoro inoltre dovranno individuare con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi, così come previsto in precedenza anche dal DL 105/2021.

Nel caso della Pubblica Amministrazione, il dipendente privo di Green pass sarà considerato assente ingiustificato e a decorrere dal quinto giorno di assenza sarà sospeso dal rapporto di lavoro, fino ad avvenuta regolarizzazione della certificazione.

Nel settore privato invece la sospensione avrà effetto già dal primo giorno di mancata esibizione del Green pass.

In entrambi i casi verrà fatto salvo il diritto alla conservazione del posto di lavoro, ma non verrà corrisposta retribuzione, alla stregua di quanto già previsto per gli operatori dei settori ad interesse sanitario, come previsto dal DL 44/2021 conv. in L. 76/2021.

Per le imprese con meno di 15 dipendenti, dopo il quinto giorno di mancata presentazione della certificazione, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a 10 giorni, e non oltre il termine del 31 dicembre 2021.

L’obbligo è esteso anche ai lavoratori esterni

Dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021 il Green pass sarà obbligatorio per l’accesso a tutti i luoghi di lavoro pubblici e privati, anche per i lavoratori esterni all’Amministrazione o all’azienda.

Il nuovo decreto infatti prevede che “la disposizione si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o formativa presso le Amministrazioni, anche sulla base di contratti esterni”.

Novità anche per lavoratori autonomi e colf/badanti

L’obbligo di Green pass per l’ingresso nei luoghi di lavoro vale per tutti i lavoratori privati, e sono quindi da considerarsi inclusi anche lavoratori autonomi e collaboratori familiari, come spiegato da fonti del Governo, interpellate al riguardo. La norma dispone infatti che “chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso nei luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire su richiesta la certificazione verde”.

Le disposizioni per il Tribunale: Green pass per i magistrati, ma non per gli avvocati

L’obbligo di esibizione della certificazione sarà previsto, sempre con decorrenza 15 ottobre 2021, per i magistrati, compresi quelli onorari, gli avvocati e i procuratori dello Stato e i componenti delle commissioni tributarie che devono accedere agli uffici giudiziari. Tali disposizioni non valgono invece per “avvocati e altri difensori, consulenti, periti e altri ausiliari del magistrato estranei alle amministrazioni della giustizia, testimoni e parti del processo”. L’accesso senza il Green pass rappresenterà un “illecito disciplinare” e come tale sarà sanzionato.

Anche le Camere dovranno adeguarsi al Green Pass

L’estensione dell’obbligo del Green Pass vale anche per gli organi costituzionali, includendo dunque il Quirinale e la Corte Costituzionale e l’obbligo riguarderà anche le cariche elettive di Camera e Senato. L’obbligo, per il principio dell’autodichia, non può applicarsi automaticamente agli organi costituzionali che, secondo quanto prevedrebbe il decreto sul “super Green Pass”, saranno chiamati a pronunciarsi entro il 15 ottobre.

Un passaggio importante: le sanzioni per lavoratori e datori di lavoro

Il decreto prevede due tipologie di sanzioni distinte:

  • il lavoratore che entra nel luogo di lavoro non mostrando il certificato verde o omettendo i controlli è punito con sanzione da € 600 a € 1500;
  • il datore del lavoro che non controlla i Green pass dei dipendenti è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 400 a € 1.000.

Riconfermata l’esenzione da green pass per soggetti esenti dalla campagna vaccinale

L’obbligo di Green pass, come già previsto dal precedente DL 105/2021, non si applicherà “ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con Circolare del ministero della Salute”.

Tamponi gratis per chi è esente dalla campagna vaccinale

Per questi soggetti tuttavia “l’esecuzione gratuita dei test è altresì assicurata, al fine di tutelare la salute individuale e collettiva”.

Tamponi a prezzo calmierato per chi non è escluso dalla campagna vaccinale

Il decreto stabilisce che i tamponi per ottenere il Green pass saranno a carico dei lavoratori ma prezzi calmierati: € 8 per i minorenni, € 15 per i maggiorenni. L’obbligo, viene spiegato, porterà a un incremento del numero delle farmacie che praticano i prezzi calmierati.

Non è stata invece accolta la richiesta dei sindacati di tamponi gratis per tutti, la cui conseguenza potrebbe essere di annullare l’incentivo alla vaccinazione costituito dal Green pass.

I tamponi saranno pertanto gratuiti solo per coloro che non possono sottoporsi a vaccino, come da apposita certificazione medica. È prevista inoltre una sanzione amministrativa da € 1000 a € 10.000 per le farmacie che non applicheranno il prezzo calmierato previsto e il Prefetto territorialmente competente, tenendo conto delle esigenze della continuità del servizio di assistenza farmaceutica, può disporre la chiusura dell’attività per una durata non superiore a cinque giorni.

Le nuove decorrenze del Green pass

I guariti dal COVID non dovranno più attendere 15 giorni dalla prima dose di vaccino anti COVID per avere il Green pass ma lo otterranno subito dopo la prima somministrazione. Il decreto infatti modifica la normativa attuale sostituendo il passaggio in cui si affermava che la certificazione era valida “dal quindicesimo giorno successivo alla somministrazione” con le parole “dalla medesima somministrazione”.

Rinviata al 1° ottobre la questione discoteche ed eventi

Si valuterà il primo ottobre, invece, in base all’andamento della curva epidemiologica, se aumentare la capienza di impianti sportivi, cinema, teatri e concerti. Attualmente in zona bianca, la capienza consentita non può essere superiore al 50% di quella massima autorizzata all’aperto e al 35% al chiuso.

Il primo ottobre si valuterà anche l’apertura delle discoteche.

I numeri del Green pass

Sono circa 18 milioni i lavoratori pubblici e privati interessati dalle norme sul Green pass: 13,9 milioni già lo hanno, mentre quelli senza sono 4,115 milioni. Sono dati diffusi dal Governo. I lavoratori dipendenti del settore privato con il certificato verde sono 11 milioni (80%), 3,7 milioni quelli senza. Dei dipendenti pubblici che già sarebbero obbligati alla vaccinazione, 2,3 milioni hanno il green pass, 115mila no. Mentre fra i dipendenti pubblici non obbligati, in 600mila hanno il lasciapassare e 300mila no. I dati riguardano anche la popolazione inattiva: 10,8 milioni col green pass e 2,7 milioni senza. I disoccupati: 1,8 milioni con e 500 mila senza. I pensionati: 12 milioni con e un milione senza. I ragazzi e le ragazze fra i 12 e i 19 anni: 3 milioni con e 1,5 milioni senza.

Lo schema di sintesi: per chi è obbligatorio il Green pass

 

Soggetti interessati da obblighi già in vigore Soggetti interessati da obbligo in arrivo
Personale di settori ad interesse sanitario Dipendenti pubblici
Personale scolastico Dipendenti privati
Studenti e docenti universitari Colf e badanti
Clienti di ristoranti con servizio interno ai locali Titolari di partita IVA
Clienti di piscine e palestre Volontari
Viaggiatori di lungo raggio Lavoratori che offrono servizi occasionali (e idraulici ed elettricisti)
Partecipanti a fiere e congressi
Spettatori di teatro, cinema ed eventi sportivi
Chi si reca in ospedale
Clienti di sale gioco o scommesse

 

Licenziamento per g.m.o. : insussistenza del fatto e insufficienza della prova

In tema di licenziamento per g.m.o., la verifica del requisito della “manifesta insussistenza del fatto” fondante il recesso datoriale concerne sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, sia l’obbligo di “repéchage“. Fermo l’onere della prova in capo al datore ex art. 5 l. n. 604/1966, con l’espressione “manifesta insussistenza” deve intendersi un’assenza dei suddetti presupposti di legittimità del licenziamento che sia evidente, nonché facilmente verificabile sul piano probatorio, con conseguente emersione della pretestuosità del recesso datoriale.

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto applicabile il regime indennitario in presenza di una mera insufficienza probatoria, ossia per il caso in cui l’insussistenza potrebbe essere dedotta semplicemente da altri elementi di per sé opinabili o non univoci, come il ricorso ad ore di straordinario, normalmente legato ad esigenze contingenti.

L’insufficiente dimostrazione della sussistenza delle ragioni organizzative/produttive, o dell’obbligo di “repéchage”, pertanto, non consente l’operatività della tutela reale.

Cass., Sez. Lav., 4 marzo 2021, n. 6083

 

Tutela dei dirigenti in caso di licenziamento discriminatorio

La l. 9 aprile 1990, n. 92, all’art. 1, comma 41, ha previsto l’applicabilità della tutela reintegratoria piena anche per i dirigenti nelle ipotesi di licenziamento nullo perchè discriminatorio ovvero intimato in concomitanza col matrimonio o in violazione dei divieti di licenziamento di cui alla normativa in materia di tutela della maternità e della paternità ovvero, ancora, perchè riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 c.c. La portata innovativa della norma che ha ampliato la possibilità per i dirigenti di invocare la tutela reale è, tuttavia, mitigata dalla constatazione che si tratta di ipotesi nelle quali l’onere probatorio incombe sul lavoratore. Questi, infatti, dovrà dimostrare la natura discriminatoria o illecita del recesso attraverso elementi specifici tali da far ritenere con sufficiente certezza l’intento ritorsivo e dovrà, altresì, dimostrare che tale intento abbia avuto carattere determinante la volontà datoriale.

Inidoneità (seppur parziale) alle mansioni per rifiuto a vaccinarsi contro il virus Sars Cov-2 e sospensione temporanea dal lavoro e dalla retribuzione

La comunicazione datoriale di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad eventuale revisione del giudizio di idoneità o cessazione delle limitazioni, stante l’impossibilità di un ricollocamento aliunde, non costituisce un provvedimento disciplinare per il rifiuto di sottoporsi a vaccinazione, bensì un doveroso provvedimento di sospensione adottato stante la parziale inidoneità alle mansioni del lavoratore.

Tribunale Roma ord. 28 luglio 2021

 

 

Mancata vaccinazione ed inidoneità alla mansione del lavoratore

La mancata vaccinazione, pur non assumendo rilievo disciplinare, comporta conseguenze in ordine alla valutazione oggettiva dell’idoneità alle mansioni.

In ragione della tipologia delle mansioni espletate e della specificità del contesto lavorativo e dell’utenza, è possibile sostenere che l’assolvimento dell’obbligo vaccinale inerisca alle mansioni del personale.

Il rifiuto della somministrazione, non giustificato da cause di esenzione e da specifiche condizioni cliniche, costituisce impedimento di carattere oggettivo all’espletamento della prestazione lavorativa

Tribunale Modena, 23 luglio 2021, n. 2467

 

Valida la rinunzia alle festività infrasettimanali nell’ambito del contratto individuale di lavoro

La rinuncia al diritto all’astensione dalla prestazione nelle giornate festive infrasettimanali art. 2 l. n. 260/1949, può essere anche validamente inserita come clausola del contratto individuale di lavoro.

Il giudice dovrà attenersi ai seguenti principi: il diritto del lavoratore ad astenersi dalla prestazione durante le festività infrasettimanali è diritto disponibile e sono validi gli accordi individuali, intercorsi tra lavoratore e datore di lavoro; l’oggetto di detti accordi è chiaramente determinabile mediante il ricorso al riferimento normativo esterno costituito dalla l. n. n. 260/1949; il potere del datore di lavoro di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi va esercitato nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza

Cass., Sez. Lav., 31 marzo 2021, n° 8958

 

Legittimo il licenziamento per utilizzo illecito del permesso ex legge 104

Legittimo il licenziamento del lavoratore che ha sfruttato i giorni di permesso concessigli dall’azienda, alla luce della legge 104, per fare la spesa e per andare al mare con la propria famiglia.

L’assenza dal lavoro per usufruire del permesso ai sensi della legge 104/1992 deve infatti porsi in relazione causale diretta con lo scopo di assistenza al disabile, con la conseguenza che il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere ad esigenze diverse integra l’abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell’Ente assicurativo, con rilevanza anche ai fini disciplinari.

Cass., Sez. VI, ord. 16 giugno 2021, n° 17102