Temporanea inattività del lavoratore e conseguenze
Ai sensi dell’art. 2103 c.c. il lavoratore ha diritto allo svolgimento delle mansioni per le quali è stato assunto, ovvero quelle equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza diminuzione della retribuzione, a nulla rilevando che l’assegnazione di compiti differenti sia stata temporanea. La medesima disposizione fonda la pretesa del dipendente a non essere privato di ogni mansione, gravando sul datore non solo un obbligo “negativo” (rispetto delle mansioni fissate al momento dell’assunzione) ma anche positivo, dovendo lo stesso garantire al dipendente l’esecuzione della prestazione lavorativa.
La violazione dell’art. 2103 c.c. determina, pertanto, una responsabilità risarcitoria in capo al datore, fatte salve le ipotesi in cui l’inattività del lavoratore sia riconducibile ad un lecito comportamento datoriale, in quanto giustificato dall’esercizio dei poteri imprenditoriali garantiti dall’art. 41 Cost., o dei poteri disciplinari, ovvero sia stato determinato da un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.).
Ad ogni modo, l’onere della prova circa la sussistenza di tali circostanze giustificative grava sul datore.
Cass., Sez. Lav., 11 febbraio 2020, n. 12485