Tutele crescenti : il Tribunale di Milano rinvia alla Corte UE la norma contenuta nel Jobs Act
Il Jobs Act e, in particolare, uno dei suoi principali decreti attuativi (D.lgs. n. 23/2015) ha introdotto, per tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far data dal 7 marzo 2015 e per tutti i lavoratori il cui contratto a termine sia stato convertito in contratto a tempo indeterminato dopo tale data, un nuovo regime sanzionatorio in caso di licenziamento illegittimo. L’intervento normativo non ha modificato solo il regime di tutele cui può avere accesso il lavoratore in caso di illegittimità del licenziamento individuale ma ha apportato modifiche anche alle tutele che possono essere invocate dai lavoratori licenziati illegittimamente nell’ambito di un licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24 della L. n. 223/1991.
Molti commentatori, subito dopo l’entrata in vigore del contratto a tutele crescenti, hanno evidenziato che proprio con riferimento alle conseguenze sanzionatorie del licenziamento collettivo illegittimo si paleserebbe una evidente ed illegittima disparità di trattamento tra lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 e lavoratori assunti dopo tale data. Questi ultimi, infatti, pur in presenza dei medesimi vizi che inficiano la legittimità del licenziamento collettivo, avrebbero accesso ad una tutela fortemente depotenziata per il solo fatto di essere stati assunti in una data successiva.
La recente ordinanza 5 agosto 2019 del Tribunale di Milano ravvisa in tale profilo un possibile punto di collisione tra la normativa interna e l’ordinamento eurounitario tale da indurre il Giudice ad esercitare, ai sensi dell’art. 267, paragrafo 3, TFUE, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per la verifica della corretta interpretazione del diritto eurounitario.